Oggi la Sardegna si sveglia con la prima presidente donna della sua storia, Alessandra Todde a capo di una coalizione di centrosinistra e Movimento 5 stelle che dovrà ricostruire la Sardegna in uno dei momenti più critici ma anche cruciali della storia dell’umanità.
Vince dopo una campagna elettorale in generale caratterizzata da una scarsa attenzione ai programmi a scapito degli slogan, dell’attacco al passato dell’avversario più che presente e al futuro delle idee da mettere in atto.
Escono sconfitti il centrodestra che a fronte di numeri impressionanti sui candidati scontano l’arroganza di voler imporre un candidato senza curarsi delle attese dei territori dopo cinque anni di gestione mediocre e senza visione della cosa pubblica.
Esce sconfitto Renato Soru che non so quanto realmente fosse convinto di essere competitivo per essere della partita e che di fatto mette probabilmente la parola fine alla sua quantomeno controversa storia politica.
Una politica che dovrebbe essere normale, quella faticosa di discussione anche dura, che quando non c’è discussione il pensiero unico diventa la norma.
Non è litigiosità, non è non andare d’accordo neanche per prendere un caffè, è lavorare insieme per risolvere problemi, come accade a tutti noi nella vita di tutti i giorni, in famiglia, a lavoro, nello sport.
La diversità è valore, sempre, e chi predica l’omologazione lo fa solo per condizionare il pensiero piegandolo a interessi che per forza di cose sono di parte.
Anche se lei, Presidente Todde, è assediata da moltitudini di persone che vogliono un posto sul carro dei vincitori mi permetto di domandarmi cosa mi aspetto da lei e da chi la sostiene.
Mi aspetto che metta mano alla visione di Sardegna che in tanti anni abbiamo infinitamente discusso, di uno sviluppo davvero attento a tutti, alle zone interne, alle aspettative di chi vorrebbe vivere e lavorare nell’isola ed è invece costretto ad abbandonarla.
Vorrei uno sviluppo urbanistico che non sia un conteggio di soli volumi ma che ragioni su temi di impatto economico e sociale per scrivere il futuro delle comunità che non può essere sempre e solo creare reddito.
Vorrei dei trasporti dignitosi che mi permettano di non dover rinunciare all’essere cittadino italiano perché impossibilitato a costi e tempi accettabili di poter uscire dalla Sardegna. Vorrei anche dei trasporti interni all’altezza di questo secolo, sapendo che il mondo si sta evolvendo anche nei trasporti e continuare a progettare opere pubbliche come negli anni 60 forse è azzardato se non stupido.
Vorrei una sanità giusta, diffusa, tempestiva.
Vorrei una regione che smetta di essere considerata italiana solo quando è necessaria come riserva energetica, discarica o servitù militare.
Vorrei che l’istruzione, la cultura e lo sport fossero processi sociali indispensabili e gratuiti per rendere i cittadini più consapevoli e pronti per le sfide che la vita quotidiana ci pone.
Saranno cinque anni cruciali con enormi sfide tecnologiche, ambientali e sociali: dobbiamo essere pronti a scrivere un progetto di Sardegna che abbia un futuro e non sia come al solito la contabilità meccanica del presente.
Sarà mia cura e premura provare a stimolare la discussione come ho sempre e in maniera onesta e disinteressata fatto, soprattutto sul turismo e la cultura che meritano il rispetto e l’attenzione per un comparto che può diventare la chiave di volta per dare un senso a tanti progetti di sviluppo del nostro magnifico e inespresso territorio.
E giusto per chiarezza, non sto cercando incarichi, sono solo le parole di augurio in libertà tra colleghi ingegneri 🙂
Gentile Presidente Todde, buon lavoro e non ci deluda, la prego.